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Se l’arte kitsch è “non arte” come è possibile che oggi la mostra di Jeff Koons, massimo esponente Kitsch, sia ritenuta l’evento culturale dell’anno, con ben cinquantamila visitatori in un solo mese?

Cultura kitsch: le origini e il disprezzo per l’imitazione

Nano da giardino

Facciamo un passo indietro.

Il termine kitsch è nato a Monaco verso il 1960, e veniva utilizzato per indicare oggetti e mobili di bassa qualità, nati come imitazioni o falsificazioni di originali antichi. Il termine deriva dal tedesco “pferkinstchen”, letteralmente “pasticciare”. Tuttavia, è più correttamente traducibile con “pacchiano”, di cattivo gusto.

Tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale il termine iniziò ad essere accostato, con lo stesso significato, anche a forme d’arte e cultura, per indicare mere imitazioni grossolane prive di un significato artistico vero e proprio, nate per soddisfare le esigenze dell’uomo medio della civiltà contemporanea: i classici nani da giardino, i santini votivi, i souvenir che invadono le nostre città d’arte. (A proposito, sapevi che le statuette votive sono state considerate una delle prime forme di merchandising? Leggilo qui).

Negli anni Sessanta del ‘900, sulla scia delle sempre maggiori possibilità offerte dalla produzione di massa, si trasformò addirittura in sinonimo di “non arte” diventando agli occhi di tutti l’antagonista di un’arte elevata, autentica e significativa. Certo, sono significati poco edificanti.

Il kitsch, però, è anche molto altro.

L’altra faccia dell’arte kitsch

Rinoceronte con cappellino e trombetta

Infatti, in un mondo come il nostro, che trova i suoi massimi valori nell’apparenza, immediatezza, riproducibilità ed eccentricità, il kitsch riesce ad esprimere la nostra società meglio di ogni altra forma d’arte. Ed è proprio questa l’accezione positiva del kitsch: il suo essere in grado di descrivere la nostra epoca; un’epoca senza canoni, senza riferimenti, come la società in cui viviamo.

E allora ecco che improvvisamente il kitsch viene visto sotto un’altra luce. Non è più falsificazione ma descrizione fedele di alcune sfumature del nostro mondo che fino ad oggi non erano mai state descritte, perché mancavano il linguaggio e le parole per farlo.

È in questo contesto che, per tornare all’inizio, possiamo inserire la figura di Jeff Koons, probabilmente l’artista più rappresentativo dell’estetica kitsch e figlio della pop art americana, espressione della società dei consumi statunitense in cui gli artisti trasformavano in arte ogni parte della vita moderna.

Oggi, le opere di Jeff Koons, spesso sculture in acciaio colorate rappresentanti fiori, palloncini, cuccioli, cigni e icone pop, piacciono davvero a tutti: adulti, bambini, miliardari e non.

L’arte kitsch e il “tutto esaurito” di Koons

magneti e spille con opere di arte kitsch di Jeff Koons

Il successo riscosso dalla Mostra Jeff Koons. Shine è una lampante dimostrazione di come il “kitsch” abbia nel tempo conquistato il cuore di tutti.

In soli 8 giorni sono più di 12.000 le persone che hanno visitato l’esposizione, 50.000 se conteggiamo il primo mese di apertura al pubblico (di cui oltre il 60% provenienti da fuori Firenze). Sono stati proprio questi numeri, e l’entusiasmo dilagante, a rendere Shine l’evento culturale di punta del 2021 in Italia.

Ma cosa rende unico lo stile di Jeff Koons? La capacità, attraverso le sue opere, non solo di rendere lo spettatore protagonista ma anche di unire cultura alta e cultura popolare, tramite la commistione di storia dell’arte e consumismo.

La “lucentezza” dell’acciaio inossidabile, intesa come gioco di ambiguità tra splendore e bagliore, essere e apparire, è il filo conduttore che lega i 33 capolavori provenienti dalle più importanti collezioni del mondo e che rappresentano i quarant’anni di carriera di un artista che ha rivoluzionato l’arte internazionale. Tra queste opere compaiono il celebre Baccarat Crystal Set (1986) e gli iconici giocattoli gonfiabili quali i celebri Rabbit (1986) e Balloon Dog.

Le opere dell’artista statunitense pongono lo spettatore davanti a uno specchio in cui riflettersi e lo collocano al centro dell’ambiente che lo circonda. É lo stesso Koons ad affermare: “Il lavoro dell’artista consiste in un gesto con l’obiettivo di mostrare alle persone qual è il loro potenziale. Non si tratta di creare un oggetto o un’immagine; tutto avviene nella relazione con lo spettatore. È qui che avviene l’arte”.

Se ti abbiamo convinto, hai tempo fino al 30 gennaio 2022 per immergerti in questa mostra a Palazzo Strozzi ricca di provocazioni e contraddizioni. E non dimenticarti di passare dal bookshop ed acquistare uno dei magneti realizzati da noi 😉

Oggetti kitsch: “Kitsch is the new chic”

Gadget di gattini cinesi

Il kitsch quindi, contro ogni presupposto, diventa desiderabile. Non solo nell’arte – come abbiamo visto – ma anche nella quotidianità. Tanto da diventare, in alcuni casi, vero e proprio “must have”.

Ma perché amiamo tanto questi oggetti colorati e appariscenti, dalle forme bizzarre o dalle stampe eccentriche? Perché ci fanno sentire a casa, ci danno la possibilità di comunicare alcune parti di noi e, paradossalmente, nonostante la riproduzione in serie, aiutano a distinguerci. 

Che sia una cover, un portachiavi o una maglietta, poco importa. Quei colori, quelle forme ci fanno sentire capiti a prima vista. Abbiamo la sensazione che quell’oggetto sia lì per noi, pronto a dire al mondo chi siamo. Qualche volta invece ci aiutano a custodire ricordi o nuove esperienze. Come quando ci danno modo di attaccare sul frigorifero la nostra opera d’arte preferita.

La verità è che questi gadget, discostandosi da perfezionismo e serietà, ci trasmettono senso di appartenenza. Sono una forma di comunicazione immediata e alla portata di tutti.

E se il kitsch fosse sempre più chic? 

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